Alcune novità del mese di luglio promanano dai contenuti della Relazione annuale al Parlamento italiano dell’Autorità di regolamentazione delle comunicazioni visibile nel sito web dell’AG.COM all’indirizzo https://www.agcom.it/ “Doc. Relazione annuale 2019”.

Le pagine del documento dedicate ai servizi postali sono dalla 61 alla 64 e la 108.

Comunque, per sintetizzare narriamo alcuni numeri. Con riguardo al settore postale, i ricavi complessivi sono aumentati del 2,9% nel 2018 rispetto a quanto fatto registrare durante il 2017; in particolare, i servizi di corriere espresso risultano in crescita del 7,3%, mentre quelli postali in flessione dell’1,2%.

Per quanto riguarda i volumi dei servizi ricompresi nel servizio universale, essi risultano in flessione dell’11%, mentre gli invii di pacchi registrano una crescita del 7,3%, con circa 480 milioni di unità movimentate da inizio anno.

Il quadro concorrenziale del settore, nel suo complesso, vede Poste Italiane principale operatore con il 38,3% (43,6% considerando anche l’operatore SDA). Tale quota supera il 75% per il segmento dei servizi di corrispondenza in concorrenza. I servizi di corriere espresso mostrano invece un maggiore livello di competizione: i tre principali operatori risultano essere DHL, con il 22%, seguita da TNT-FedEx con il 17,7% e da BRT con il 17,1% del mercato.

Riguardo ai ricavi unitari medi,su base annua, quelli relativi al complesso dei servizi postali mostrano una crescita del 2,0% mentre quelli di corriere espresso si riducono dell’1,7%.

 

LA DIRETTIVA (UE) 2019/1152 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO, RELATIVA A CONDIZIONI DI LAVORO TRASPARENTI E PREVEDIBILI NELL’UNIONE EUROPEA

 

Si fa un gran parlare in Italia delle condizioni del lavoro, dalla proposta di un salario minimo che galleggia nell’aere delle promesse di qualche parte politica, alla necessità di recuperare l’interesse dei giovani verso una buona occupazione, alla mancanza di professionalità specializzate in alcuni settori quali la sanità ed il comparto meccanico (es. medici, infermieri, saldatori, operai nella carpenteria ecc..), alle chiusure di alcune fabbriche o gruppi imprenditoriali.

L’Italia è un paese che sforna diplomati e laureati, ma in misura inferiore rispetto agli altri paesi europei ed una buona parte dei talenti giovani per trovare occupazione si trasferisce all’estero, ben altro che le parole e le buone intenzioni dei governi di turno; si deve ancora concretizzare la promessa dell’offerta di un posto di lavoro ai percettori del “reddito di cittadinanza”, da molti criticato perché scoraggia la ricerca di un posto di lavoro e non investe per incentivare l’economia produttiva.

Per chi vuole approfondire c’è il documento dell’lSTAT sull’istruzione che evidenziamo in allegato.

In questo quadro va valutato il problema dell’allontanamento di molti Gruppi industriali dall’Italia verso altri paesi europei e non europei che offrono condizioni fiscali e politiche più attrattive per le imprese; da ciò il “cancro” della delocalizzazione che trasferisce produzione all’estero, smantella fabbriche ed industrie.

In questo panorama che stenta a trovare politiche europee in grado di arrestare il vero e proprio “dumping sociale” in corso, si innesta la “DIRETTIVA SULLA TRASPARENZA E LA PREVEDIBILITA’ NEL LAVORO 1152/2019″ che rendiamo visibile in allegato sulla programmazione del lavoro, ore e giorni di riferimento, organizzazione del lavoro, informazione, formazione, protezione, sanzioni, ecc…

“L’obiettivo della direttiva, vale a dire migliorare le condizioni di lavoro promuovendo un’occupazione più trasparente e prevedibile e garantendo nel contempo l’adattabilità del mercato del lavoro, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri ma, data la necessità di stabilire prescrizioni minime comuni, può essere conseguito meglio a livello di Unione, quest’ultima può adottare misure conformemente al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. La presente direttiva stabilisce prescrizioni minime, lasciando così impregiudicata la prerogativa degli Stati membri di introdurre o mantenere disposizioni più favorevoli. I diritti acquisiti a norma del quadro giuridico in essere dovrebbero continuare ad applicarsi, a meno che la presente direttiva non introduca disposizioni più favorevoli. L’attuazione della presente direttiva non può essere utilizzata per ridurre i diritti esistenti stabiliti dall’attuale diritto dell’Unione o nazionale in materia, né può costituire un motivo valido per ridurre il livello generale di protezione offerto ai lavoratori nel settore disciplinato dalla presente direttiva. In particolare, non dovrebbe essere utilizzata come motivo per introdurre contratti di lavoro a zero ore o di tipo simile”.

 

Istat Report-Livelli-di-istruzione-e-ritorni-occupazionali_2018

Direttiva europea sul lavoro 1152_2019