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Si avvicina l’estate e l’unico rebus che potrà guastarla è la situazione della Grecia che (per il momento) lascia in bilico il rientro dei capitali versati dai vari Stati in suo aiuto (compresa l’Italia).

Ma il secondo tema su cui molti italiani faranno bene a non tenere gli occhi chiusi, al di là dei rozzi slogan di molti politici in cerca di facili voti  e consensi, sarà quello di una futura modifica del sistema pensionistico, volta a dare una mano per riequilibrare il cosiddetto gap generazionale che ha generato il conflitto fra le generazioni più giovani e gli anziani, soprattutto i pensionati.

Non c’è mese che passi senza che il Governo (per sua fortuna) fornisca il dato dell’occupazione in crescita e della disoccupazione in calo, ciò che porta tutti gli esperti a parlare di una ripresina economia in Italia, da favorire in ogni modo e maniera, per ridare il LAVORO ai cittadini ed ai giovani, questi più di tutti colpiti dalla crisi occupazionale in atto negli ultimi anni.

Chi ha vissuto gli anni della contestazione giovanile del ’68 ben sa quali temi caratterizzassero lo scontro fra giovani ed anziani: la politica prima di tutto ed il contrasto fra le ideologie, ma erano gli anni in cui la difficoltà a trovare il lavoro c’era, certamente minore rispetto ad oggi, anche grazie al sistema dei CONCORSI PUBBLICI adesso sparito in cambio dell’incenso all’occupazione privata con tutte le sue storture ed al fallimento del sistema del collocamento pubblico di fatto sostituito, ma senza grossi risultati, dalle AGENZIE DI LAVORO PRIVATE.

Il risultato è che la crisi economica in atto e le ristrettezze di bilancio dello Stato, accompagnati dalle modifiche al sistema previdenziale mirate a trattenere al lavoro i più anziani, hanno fatto da tappo nel collo di bottiglia della staffetta generazionale che avrebbe dovuto o potuto giovarsi di un processo agevolato del turn-over (assunzioni di giovani in luogo degli anziani prossimi alla pensione, possibilmente anche quella anticipata).

Le riforme del Governo “Monti” già dal 2012 hanno accentuato il blocco dei pensionamenti rendendo più difficile l’accesso alla pensione, in cambio del protrarsi dell’attività lavorativa per gli anziani, un vero e proprio freno all’ingresso dei giovani al lavoro, peraltro in un periodo di non flora espansione dell’economia.

Tutto sbagliato tutto da rifare ? Già se ne parla, ma attenzione perché il Governo ha SI’ in progetto di facilitare un poco l’accesso alla pensione introducendo qualcosa che chiama “staffetta generazionale” (la previsione è di farlo con la prossima legge di stabilità di fine anno), ma il guaio è che contemporaneamente sia gli economisti, sia professori esperti e politici dissertano sulla necessità di ridurre il costo del sistema previdenziale agendo sul sistema dei pagamenti, cioè mirando alle differenze in atto nei pagamenti degli assegni pensionistici acquisiti con il sistema “retributivo” piuttosto che con quello “contributivo” che riguarda i lavoratori giovani ed a partire da Gennaio 2012 tutti.

E’ auspicabile che nessuno abbia in mente di obbligare l’INPS a ricalcolare tutte le pensioni con il sistema contributivo (sulla base dei contributi effettivamente versati) colpendo i percettori delle pensioni retributive e che alcuni discorsi siano solo fuffa, soprattutto quando ciò potrebbe riguardare assegni lordi attuali di circa 2.000 euro che non sono certamente un importo degno di essere classificato come una lauta pensione.

Che dire allora dei nostri politicanti e cosiddetti manager di Stato e l’alta dirigenza ? A meno che non si voglia realmente riproporre il dilemma dell’attacco ai “diritti acquisiti”, su cui già si è espressa la Corte Costituzionale condannando come sbagliata la riforma del 2012 che ha bloccato le indicizzazioni delle pensioni.

OCCHI AL RISPARMIO

In altre parti del nostro sito stiamo dando ampia notizia del processo di privatizzazione in corso in alcune aziende pubbliche o comunque in proprietà o gestione partecipata dallo Stato, attraverso le sue braccia operative ad esempio le stessa poste italiane.

E’ da 1998 che siamo abituati a parlare di “Poste” private, prima in forma light, poi sempre più hard fino ad oggi, ma soprattutto per quanto avverrà alla fine dell’anno dopo l’IPO che sancirà l’ingresso dei privati nel capitale delle poste italiane, allorché il sostantivo “private” avrà ancora più ragione di essere.

Fino ad oggi le poste italiane sono state soprattutto collocatrici di prodotti finanziari  di proprietà di terzi, ad esempio la C.D.P. per quanto riguarda la gestione del risparmio (BUONI POSTALI e LIBRETTI DI RISPARMIO POSTALE) che rimarranno sempre prodotti sicuri, trasparenti e facilmente comprensibili, con redditività limitate ma interessanti.

Negli ultimi anni anche le “Poste” si sono date alla “finanza” che ha finito per  costituisce il settore trainante dell’azienda, anche per la crisi persistente dei servizi postali (calo progressivo e costante dei volumi dei pacchi e delle corrispondenze).

Ciò ha portato l’azienda a costituire nuclei specializzati di venditori o “Specialisti Sale Consulenza” il cui obiettivo ed i relativi canali premiali, rispetto al raggiungimento dei budget assegnati sui risultati di vendita dei vari prodotti dell’offerta, hanno caratterizzato il lavoro di queste squadre di lavoratori, ovviamente ed auspicabilmente nel pieno rispetto delle normative vigenti in materia di vendita e diritto dei clienti ad una informazione dettagliata, completa e trasparente sui prodotti proposti per l’acquisto, fossero questi finanziari od assicurativi.

Uno dei risultati che la futura privatizzazione delle poste italiane porterà sarà certamente quello della crescita dei comparti Finanze ed Assicurazioni  all’interno degli uffici postali ed all’allargamento del ventaglio delle proposte di vendita in  tali aree e verso la finanza gestita (nuovo filone in via di perfezionamento).

Dire “OCCHIO AGLI ACQUISTI” diventa dunque un obbligo per tutti, sia per i dipendenti che dovranno gestire le proposte di vendita in piena corrispondenza con le norme a tutela degli acquirenti, sia per gli abitudinari clienti delle poste italiane che dovranno imparare a destreggiarsi concretamente fra capitali da investire, interessi percepibili, livelli di tassazione da applicare sui prodotti e costi di acquisto di ciascun prodotto (finanziario o assicurativo che trattasi), questa la vera novità della trasformazione da operatore pubblico a privato.