flash_news

Il Governo italiano vuole svendere ancora pezzi di aziende pubbliche o controllate ? Dalle ultime dichiarazioni ed indiscrezioni, sembrerebbe proprio di sì, visto che alcune delle operazioni previste da tempo non sono andate a buon fine, colpa della condizione dei mercati e delle oggettive difficoltà frapposte, come nel caso della più volte annunciata e rinviata “privatizzazione” delle “Ferrovie dello Stato” (o di quota parte).

“Come confermato dal Documento di economia e finanza (DEF) approvato ad aprile dal Consiglio dei Ministri, l’ipotesi di un’ulteriore cessione di quote di Poste si fa sempre più concreta ed è l’ennesima prova muscolare di un Governo inadeguato a rispondere efficacemente alle vere emergenze sociali ed economiche del paese”, è quanto affermiamo nell’articolo pubblicato nel “Il Sole 24 Ore” del 13 maggio (pagina a cura di Cisal – Confederazione Italiana Sindacati Autonomi Lavoratori).

Con il titolo “POSTE ITALIANE: IL GOVERNO SI PREPARA A SVENDERE L’ULTIMA AZIENDA DI STATO” l’articolo, nell’approfondire il tema dell’operazione governativa che si va paventando, afferma un puntuale giudizio e cioè che “si tratta di un’operazione insensata dal punto di vista economico ed estremamente pericolosa dal punto di vista sociale”.

E la FAILP ritiene “che provocherà inesorabilmente: riduzione della qualità del servizio agli utenti; perdita di trasparenza del rapporto tra prezzo del servizio e servizio reso; aumento delle tariffe; tagli al personale; sospensione del servizio nelle aree economicamente meno attrattive (che porterà a una frattura ancora più grande tra aree interne e aree metropolitane); nascita di “cartelli commerciali” che disattendono la volontà di privatizzare e liberalizzare per garantire servizi migliori al miglior prezzo”.

L’articolo integrale pubblicato in calce (cfr. doc. allegato), prosegue esprimendo il punto di vista sia della FAILP attraverso le attente analisi del nostro Segretario generale Walter De Candiziis, sia del Segretario della Confederazione Cisal Francesco Cavallaro, invitiamo ad una attenta lettura.

Articolo Cisal_Failp- SOLE

 

UNO SCANDALO TIRA L’ALTRO ED ADESSO NEL MIRINO CI SONO LA TRASPARENZA NELL’INFORMAZIONE FINANZIARIA E LE PREOCCUPAZIONI PER L’USCITA DELLA GRAN BRETAGNA DALLA C.E. (BREXIT)

Non mancano le novità nel mondo della finanza in cui il tritacarne del mercato cerca ogni giorno nuovi clienti da sfruttare per alimentare la sua fame e la sua sete.

C’è un assioma che è difficile estirpare e cioè che sia il fantasma della “crescita” la panacea di tutti i mali di un paese, come dei mercati e di ogni ditta, società od impresa.

Crescere, correre, crescere  è la parola ricorrente pronunciata per giustificare ogni comportamento e dare adito alla speranza di diventare più ricchi come paese, impresa, perfino come famiglie, cittadini e clienti.

I limiti ed il contrappunto alla fame di crescita dovrebbero provenire dalle cosiddette “Autorità di Vigilanza” nate per assicurare la trasparenza e la concorrenza; ma le recenti disavventure che hanno colpito alcune banche la dicono lunga su come e quanto esse possano avere realizzato i propri compiti.

L’ultima disavventura nasce dal fatto che i mass media si sono impadroniti della notizia messa in luce da una trasmissione della TV di Stato e cioè che una “Autorità” abbia nella sua pancia un carteggio che denota come le Banche fossero state invitate a non inserire, nei prospetti dei propri prodotti finanziari contenenti le informazioni dirette alla clientela, ogni notizia relativa agli “scenari di probabilità” e comunque ad eliminarli.

La spiegazione è semplice, chi va in Banca riceve informazioni sui prodotti offerti per investire i propri risparmi: si tratta di “Libretti di risparmio, Buoni postali, Fondi, Azioni, Titoli di Stato”, tutte cose facilmente leggibili e in grado di fruttare interessi, comunque di non mettere a rischio il capitale investito, soprattutto in Poste italiane che colloca precipuamente Buoni postali e Libretti di Risparmio, oltre a prodotti assicurativi).

Poi il mondo della finanza in fame di “crescita” ha inventato i prodotti finanziari con maggiore rendimento, ma di maggiore rischio (elementari, poi sempre più complicati ed intraducibili se non per gli addetti), in grado di fare guadagnare di più gli investitori ma con basse, medie o alte percentuali del rischio di perdere oltre agli interessi anche il capitale, quali e quanto ?

Il nocciolo della vicenda è che un normale cliente (Banca o Poste) che non sia un investitore incallito, preparato e bene addestrato, magari in possesso di un piccolo patrimonio, non debba rischiare di finire nelle grinfie di un investitore che lo convinca a puntare i suoi risparmi su prodotti ad alto rischio di perdita del capitale (i cosiddetti investimenti a rischio); ciò non avverrebbe se i prospetti informativi di ogni prodotto fossero leggibili, semplici e soprattutto chiari nel mettere in luce la possibilità di conoscere quali sono i rischi a cui gli investitori stessi vanno incontro con le proprie scelte, come succederebbe se contenessero un contrassegno chiaro e marcato relativo agli “SCENARI DI PROBABILITA” (es. la probabilità di perdere gli interessi ed anche l’intero capitale nella percentuale del …%).

Non si tratta di una operazione difficile, in presenza di calcoli matematici oggi d’uso comune da parte degli addetti specializzati nel cosiddetto “Risk Management”, ossia il calcolo delle percentuali di rischio connesso a talune scelte, alla luce del nostro ordinamento che recita  art. 41 della Costituzione italiana “… L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà,alla dignità umana”. Ed il danno che si è arrecato ai clienti di quattro banche in crisi, invitati ad acquistare prodotti di rischio o le cosiddette obbligazioni subordinate è stato certamente tale da avere contraddetto l’art. 41 della Costituzione, motivo per cui lo Stato è stato chiamato ad intervenire.

C’è un altro interrogativo che cozza duramente con la realtà quotidiana in cui si muovono le imprese private e cioè l’obiettivo di acquisire guadagni ed utili sempre maggiori e consistenti, per assicurarsi nuova crescita e sviluppo. Ciò avviene stressando la propria rete di vendita invitata ogni giorno a spingere questo o quel prodotto attraverso campagne di vendita  sempre più estreme (per quanto ben condite dal richiamo al rispetto delle normative in vigore) e dai sistemi di premialità individuale non contrattata o condivisa con le OO.SS. ed indirizzata a raggiungere gli obiettivi “sfidanti”, cui si accompagnano le “pressioni commerciali” o cosiddette iniziative di “proattività”.

Poste italiane, sempre più spinta a trasformarsi in una S.p.A. con maggiore presenza di capitali privati, come sembra stia per avvenire ove il Governo attuasse nuovi provvedimenti di vendita di ulteriori tranche di quote azionarie, rischia di assomigliare sempre più alle Banche senza esserlo, mutando pelle” ed entrando nel mondo del rischio bilanciato ?

Circa la cosiddetta “Brexit” siamo oramai all’epilogo del referendum inglese destinato a determinare o respingere l’uscita della Gran Bretagna (UK) dalla Comunità Europea. Se ciò avvenisse è tutta da provare la teoria per cui (.) si poterebbe determinare una crisi di sistema dell’Europa, quella in cui hanno sempre prevalso gli interessi dei poteri forti (Germania, Francia, Gran Bretagna, Banche, Finanza, Affaristi e Lobby), senza mai pervenire ad una Comunione Politica Europea.

Ciò mentre l’Italia continua a pagare il dazio di avere accettato dalla C.E. un cambio Lira/Euro estremamente sfavorevole, che ha impoverito di fatto tutti gli italiani, uno dei motivi per cui ci ritroviamo a combattere con un debito pubblico alto ed un sistema di tassazione gravoso, meno lavoro e scarsa fiducia nella classe politica responsabile delle risorse pubbliche, tant’è che l’attuale Governo, persegue caparbiamente l’obiettivo di recuperare nuove risorse da destinare al bilancio statale attraverso le privatizzazioni delle aziende partecipate dal MEF.